mercoledì 28 agosto 2013
Dai supermercati alle mense scolastiche.
L'avanzata dei vegani.
Il «no» a carne, pesce latte e uova per curare l'ambiente. Scelta di salute per gli uomini, etica per le donne
MILANO - Eating review . Perché no? Si potrebbe leggere anche così, come una sorta di nuova sobrietà, nel caso, alimentare: avanza in Italia il popolo dei «veg», alias vegetariani, ma soprattutto vegani. Niente carne e niente pesce per i primi. Nemmeno derivati (latticini e uova) per i secondi. I primi: sei italiani su cento, contro i quattro dello scorso anno (non poco considerando il cambiamento richiesto). I secondi: di quei sei «uno e qualcosa» è addirittura vegano, nel 2012 non era neppure «uno». Di conseguenza ci sono sempre più ristoranti, quasi uno per quartiere (almeno a Milano), e c'è chi nota che anche in agosto molti sono rimasti aperti: mai successo prima. Così anche i catering in ufficio a prezzi contenuti (dagli 8 euro a coperto) sono in aumento.
In alcuni supermercati (Esselunga e Carrefour) ora tra i banchi c'è il settore «veg», anche nel pronto e in monodose, segno di consumi veloci. All'Esselunga di via Fauché ecco: cous cous di sole verdure, hamburger di seitan, nuggets di soia. Nel reparto latticini: latte di ogni tipo (riso, mandorle, soia) e yogurt e creme. Oltre, naturalmente, al «biologico», l'abc della filosofia alimentare in questione. Possibile? Nel Paese delle bufale e delle fiorentine? Al festival vegetariano di Gorizia (da venerdì a domenica) danno numeri e interpretazioni del fenomeno: gli uomini preferiscono le verdure perché fanno bene alla salute (42,3%), le donne per rispetto nei confronti degli animali (66,7%).
Sulla «tutela dell'ambiente» - perché ridurre il consumo di carne nel mondo porterebbe a un notevole abbattimento del debito ecologico - sono tutti ancora un po' perplessi: ci pensa solo il 15,4% degli Adamo e il 2,6 delle Eva. E in tutto questo: scelta giovane, molto giovane, il nuovo «veg» D.O.C. ha fra i 25 e i 34 anni. È Alessandro Condoluci, 25 anni appunto - figlio di tanto padre, Rodolfo, storico chef (e ideatore di ricette) che 30 anni fa si buttò nella ristorazione «alternativa» partendo dal macrobiotico - a seguire ora la filiera vegana della catena milanese Mens@sana, undici punti vendita, e poi catering (con cibo ma anche materiale «veg») e corsi e rifornimenti. Sorride commentando la notizia sull'inserimento nel programma di educazione alimentare nelle scuole di Milano di un giorno a «menù vegano», firmato da Pietro Leemann chef del Joia (il Cracco del biologico). Ancora non è certo se sarà il mercoledì, il giorno «veg» istituito dalla Lav. «Facile ora - scherza lui -. Quando andavo a scuola io con il mio panino al tofu. O alle feste di compleanno con le nostre torte strane. C'era un po' di diffidenza ma adesso no. Sono ben chiari i punti fondamentali per i quali si arriva, con consapevolezza, a questa scelta: attenzione per l'ambiente, etica e aspetto salutista».
Vada per la rinuncia a carne e pesce, ma a uova e latticini e miele: è tosta. «Se è per questo anche a lana e pelle, a certi detergenti e a qualsiasi derivato di origine animale - continua Condoluci jr -. Arduo essere vegani oggi, è un modo di vivere consapevole che necessita di una soglia di attenzione molta alta». E di fiducia nella filiera: «Rientra nel capitolo consapevolezza». Costosa? «Sono scelte: noi abbiamo fatto la politica del pranzo da ufficio, anche solo 8 euro». Angelo Naj Oleari, altra colonna milanese del pensiero «veg», ideologo (proprietario) dell'Orto Botanico (centri di vendita e studi da 40 anni) non ha dubbi sul fatto che il palato non ci perda. La sua storia comincia dalle ricerche sulle piante, si fonda sul credo che i frutti siano il regalo che la natura rinnova quotidianamente all'uomo e arriva a spingersi oltre, al crudismo e alle coltivazioni selvatiche: «Recentemente il New York Times ha pubblicato un'inchiesta condotta in sei anni, la conclusione: i raccolti selvatici sono cento volte più energetici». Questo renderebbe i «veg» un po' più allegri? Perché un luogo comune li dipinge tristanzuoli e smunti: «Ma quello è retaggio dell'epoca macrobiotica: date un piatto di vegetali crudi a un giocatore di rugby e vedrete cosa combina, altro che bistecca».
28 agosto 2013 | 15:45
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