sabato 31 agosto 2013

Pane e cioccolata. L'avete visto?
Ed ora, se siete stanchi di leggere e di guardare film, ricordatevi che in questo link (anche a destra in "materiali di apprendimento") troverete parecchi esercizi di vari livelli http://www.scudit.net/mdindice.htm
Ed ora una ricetta facilina. Biscotti al caffè farciti con crema al miele. Informazioni. DIFFICOLTÀ: Facile TEMPI DI PREPARAZIONE: Tra 30 minuti e 1 ora. Ingredienti Per 4 persone: burro grammi: 125 zucchero semolato grammi: 80 zucchero di canna grammi: 80 uovo 1 cacao grammi: 50 farina con lievito grammi: 200 farina di mandorle grammi: 50
DESCRIZIONE: Non sono una gran patita dei biscotti fatti in casa ma ci sono alcune eccezioni che mi fanno davvero impazzire, tipo i cookies americani che adoro oppure quelli di pasta frolla con la marmellata e anche questi qui di oggi morbidi, friabili e farciti. I biscotti che vi presento oggi sono un mix davvero irresistibile con il caffè e la farina di mandorle e il cacao…un trio insuperabile e la farcitura ne vogliamo parlare??? Una crema al miele delicata che si abbina favolosamente al tutto..Una pausa caffè cosi ti rimette al mondo, parola mia!!!! FASE 1: Amalgamate con il frullino il burro con lo zucchero semolato e di canna e aggiungere l' uovo. Lasciata amalgamare bene la crema e unite la farina, il cacao, il sale, il bicarbonato, il caffè. Continuate con il frullino ad amalgamare bene il tutto e formate delle palline poco piu' piccole di quelle da golf (con il porzionatore per gelati vengono perfette) e sistematele ben distanziate di almeno 5 cm sulla piastra rivestita con carta forno e schiacciatele leggermente. Cuocete in forno a 190/200 gradi per circa 10 minuti(appena si colorano sotto toglieteli anche se sopra vi sembrano ancora molli perchè si compattano una volta fuori dal forno). Lasciateli raffreddare e preparate la crema. Crema al miele: 90g di burro 2 cucchiaia di zucchero a velo 2 cucchiaia di miele di acacia Sbattete con il frullino il burro e lo zucchero a velo fino a quando non ottenete un composto chiaro e soffice. Unite quindi il miele e amalgamare al burro. Spalmate la crema su metà biscotto e uniteli a due.
Agli italiani piace il mattone estero: acquisti in crescita a 42mila case Nonostante l'imposizione sugli investimenti oltreconfine, il mattone estero continua ad attirare i capitali italiani. Il 2013 si chiuderà con 42mila affari conclusi, il 5,5% in più sul 2012. I Paesi più gettonati: Stati Uniti e Svizzera per l'investimento, la Spagna per le opportunità 'low cost'. Cresce l'Uruguay
ROMA - Aumenta il numero delle famiglie italiane che acquistano case all'estero. Se lo scorso anno si è chiuso registrando un incremento delle compravendite del 13%, il 2013 dovrebbe vedere lo stock degli affari conclusi oltre confine attestarsi a quota 42.000 spuntando un più contenuto ma sempre significativo + 5,5%. Gallery. Occasioni all'estero per portafogli da 80mila a 1 milione di euro La perdurante incertezza dell'economia italiana e la scarsa competitività del mercato turistico nazionale indurrebbero un numero sempre maggiore di famiglie ad investire i propri risparmi nel mattone residenziale estero. "L'applicazione dell'Ivie, cioè l'Imu sugli investimenti immobiliari oltre confine - spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari - non sembra aver frenato il flusso di acquisti, anche se ha comportato una valutazione più attenta della normativa fiscale del Paese in cui si intende investire, dal momento che dall'importo dell'Ivie possono essere detratte le imposte patrimoniali già versate all'estero". I Paesi più gettonati continuano ad essere la Svizzera, la Spagna e gli Stati Uniti. La maggioranza degli acquisti negli States è concentrata a New York. Si tratta di investimenti di alto livello, realizzati quasi sempre per investimento. Le preferenze continuano ad essere concentrate sugli appartamenti di piccole dimensioni nelle top location, ma emerge un crescente interesse per le zone migliori di Brooklyn, dove i prezzi sono in aumento e si prevede una rivalutazione anche nel prossimo futuro. Quest'anno, a Miami gli italiani hanno già acquistato un migliaio di abitazioni, in buona parte concentrate nella zona di Miami Beach. Stabile l'interesse per le altre grandi città, quali Chicago, San Francisco e Boston. Tabelle. Il trend degli investimenti italiani all'estero "In Europa, Londra - spiega Paola Gianasso, responsabile mercati esteri di Scenari Immobiliari - continua ad essere la piazza dove si concentra la maggioranza degli acquisti nel Regno Unito. La capitale inglese sembra non aver risentito della crisi globale". Le richieste di alto livello si concentrano sugli appartamenti di piccole dimensioni nei quartieri più prestigiosi, come Chelsea, South Kensington e Belgravia. Gli investimenti in Francia sono in lieve diminuzione, guidati sempre dall'interesse per i piccoli appartamenti nelle aree di pregio di Parigi. In aumento l'interesse per la Svizzera, dove il trend del mercato immobiliare è stato uno dei migliori in Europa. Il primo semestre 2013 ha confermato il robusto flusso di acquisti a Lugano, soprattutto da parte delle famiglie lombarde. La classifica. I prezzi top delle case all'estero La Spagna è la meta preferita degli investimenti low cost dal momento che il mercato offre un'ampia gamma di occasioni a prezzi scontati, mediamente inferiori al 40%. Le occasioni più scontate sono concentrate lungo la costa meridionale. In America del Sud prosegue il forte interesse per il Brasile, anche se i diffusi problemi di sicurezza comportano una concentrazione degli investimenti in alcune zone, quali gli Stati nordorientali di Bahia e Alagoas, e quelli meridionali, in particolare Rio Grande do Sul. In aumento anche gli investimenti in Uruguay, dove l'interesse continua ad essere concentrato su Punta de l'Este. (31 agosto 2013)
Ancora un po' di cinema datato, un classico del grande cinema italiano

mercoledì 28 agosto 2013

Divorzio all'italiana
Totò a colori - Film completo

Il nome della rosa - Film completo

I primi chef creativi in Europa? Risalgono al periodo preistorico Già 6.100 anni fa si usavano le spezie in cucina per aromatizzare e migliorare i cibi da cuocere La passione gastronomica ha origini lontane. Anche gli uomini preistorici erano attenti a ciò che mettevano in bocca. Il cibo doveva essere gustoso e gratificare il palato. Le pietanze erano preparate con cura per allettare le papille gustative. E così, già 6.100 anni fa gli europei del Nord usavano le spezie «in cucina» per migliorare il sapore dei piatti. Aglio e senape erano gli ingredienti principali da aggiungere a carne, pesce e prime insalate fatte con vegetali raccolti, come riporta uno studio pubblicato sulla rivista Plos One. Non si tratta delle stesse sostanze che si trovano oggi nelle nostre dispense, ma di una pianta, l'Alliaria petiolata, in grado di dare aromi simili a quelli che conosciamo: i suoi semi macinati ricordano la senape e le foglie hanno il sentore di aglio. Le tracce di questo vegetale, ossia i residui di fitoliti, sono state trovate in diversi cocci archeologici di ceramica per la cottura, rinvenuti in Germania e Danimarca. Ebbene sì, nel settimo secolo avanti Cristo gli alimenti cotti erano un must tra gli europei del Nord. I RESIDUI TROVATI - «Abbiamo trovato una vasta gamma di fitoliti carbonizzati nei cocci, un chiaro segno che i cibi venivano cotti, e non siamo stati in grado di identificarli tutti», spiega Hayley Saul dell'Università di York, a capo della ricerca. Di conseguenza, non è chiaro se usassero soltanto un'unica pianta per speziare i cibi o diverse. Una cosa è certa: prima che iniziasse la transizione tra caccia e agricoltura di sicuro i nostri antenati, cacciatori e raccoglitori, disponevano di ricette molto più sofisticate di quelle che gli archeologi hanno pensato finora. Erano creativi nell'elaborare i piatti e apprezzavano le proprietà di molte piante che trovavano in giro». Con curiosità assaggiavano di tutto, dai fiori alle radici, per aumentare le possibilità dei menù. E non si dovevano preoccupavano di coltivare le spezie: per esempio l'alliaria era disponibile in natura e in quantità abbondanti. LE RICETTE DA CHEF - Oltre alle prime abilità da chef, un altro elemento contava in cucina: il bilanciamento del food. Il pasto doveva garantire un apporto sufficiente di calorie per tirare avanti, quindi i cuochi di 6 mila anni fa capivano l'importanza di aggiungere i grassi tra gli ingredienti. «Abbiamo effettuato pure un'analisi dei lipidi», sottolinea Saul, «per capire meglio la composizione chimica dei residui e abbiamo trovato i grassi: molti derivano dai pesci, altri da animali ruminanti, forse cervi e mucche». Rimangono alcuni dubbi: gli uomini preistorici hanno imparato a usare le spezie da soli o da altre popolazioni? Dove e quando? Può essere che l'utilizzo sia partito dalla zona del Baltico occidentale oppure dal Vicino Oriente. È tutto da verificare. Ma la pianta era davvero in grado di migliorare le ricette culinarie? «Ho preparato con le spezie i piatti mangiati dai cacciatori-raccoglitori», commenta la ricercatrice, «e sono buoni! Hanno un sapore fortissimo di senape». 26 agosto 2013 |
Il Paese dove ci sono più smartphone? Gli Emirati Arabi Uniti Lo studio Google su 50 paesi di tutto il mondo. Al primo posto gli Emirati, all'ultimo l'India. L'Italia? «Solo» 26esima Il Paese dove ci sono più smartphone? Gli Emirati Arabi Uniti, dove la percentuale di penetrazione dei telefonini raggiunge il 73,8%. secondo i dati diffusi dal report di Google «Our Mobile Planet» e relativo al primo trimestre del 2013, circa tre abitanti degli Emirati su quattro possiedono uno smartphone. Al secondo posto c'è la Corea del Sud (dove l'indice arriva al 73%), al terzo l'Arabia Saudita (72,8%). LA CLASSIFICA - Nella top ten di paesi europei ce ne sono solo due: la Norvegia, che si piazza quinta con il 67,5%, e la Danimarca, decima con il 59%. Gli Stati Uniti? «Solo» 13esimi, con una percentuale pari al 56,4%. L'Italia, invece, arriva 26esima con una penetrazione del 41,3% - subito dopo la Repubblica Ceca, dove la percentuale risulta essere del 41,6%. In tutto la classifica comprende i dati di 50 paesi in tutto il mondo: il fanalino di coda è l'India (12,8%). Preceduta, ma di poco, da Indonesia (14%) e Ucraina (14,4%). 28 agosto 2013
Dai supermercati alle mense scolastiche. L'avanzata dei vegani. Il «no» a carne, pesce latte e uova per curare l'ambiente. Scelta di salute per gli uomini, etica per le donne MILANO - Eating review . Perché no? Si potrebbe leggere anche così, come una sorta di nuova sobrietà, nel caso, alimentare: avanza in Italia il popolo dei «veg», alias vegetariani, ma soprattutto vegani. Niente carne e niente pesce per i primi. Nemmeno derivati (latticini e uova) per i secondi. I primi: sei italiani su cento, contro i quattro dello scorso anno (non poco considerando il cambiamento richiesto). I secondi: di quei sei «uno e qualcosa» è addirittura vegano, nel 2012 non era neppure «uno». Di conseguenza ci sono sempre più ristoranti, quasi uno per quartiere (almeno a Milano), e c'è chi nota che anche in agosto molti sono rimasti aperti: mai successo prima. Così anche i catering in ufficio a prezzi contenuti (dagli 8 euro a coperto) sono in aumento. In alcuni supermercati (Esselunga e Carrefour) ora tra i banchi c'è il settore «veg», anche nel pronto e in monodose, segno di consumi veloci. All'Esselunga di via Fauché ecco: cous cous di sole verdure, hamburger di seitan, nuggets di soia. Nel reparto latticini: latte di ogni tipo (riso, mandorle, soia) e yogurt e creme. Oltre, naturalmente, al «biologico», l'abc della filosofia alimentare in questione. Possibile? Nel Paese delle bufale e delle fiorentine? Al festival vegetariano di Gorizia (da venerdì a domenica) danno numeri e interpretazioni del fenomeno: gli uomini preferiscono le verdure perché fanno bene alla salute (42,3%), le donne per rispetto nei confronti degli animali (66,7%). Sulla «tutela dell'ambiente» - perché ridurre il consumo di carne nel mondo porterebbe a un notevole abbattimento del debito ecologico - sono tutti ancora un po' perplessi: ci pensa solo il 15,4% degli Adamo e il 2,6 delle Eva. E in tutto questo: scelta giovane, molto giovane, il nuovo «veg» D.O.C. ha fra i 25 e i 34 anni. È Alessandro Condoluci, 25 anni appunto - figlio di tanto padre, Rodolfo, storico chef (e ideatore di ricette) che 30 anni fa si buttò nella ristorazione «alternativa» partendo dal macrobiotico - a seguire ora la filiera vegana della catena milanese Mens@sana, undici punti vendita, e poi catering (con cibo ma anche materiale «veg») e corsi e rifornimenti. Sorride commentando la notizia sull'inserimento nel programma di educazione alimentare nelle scuole di Milano di un giorno a «menù vegano», firmato da Pietro Leemann chef del Joia (il Cracco del biologico). Ancora non è certo se sarà il mercoledì, il giorno «veg» istituito dalla Lav. «Facile ora - scherza lui -. Quando andavo a scuola io con il mio panino al tofu. O alle feste di compleanno con le nostre torte strane. C'era un po' di diffidenza ma adesso no. Sono ben chiari i punti fondamentali per i quali si arriva, con consapevolezza, a questa scelta: attenzione per l'ambiente, etica e aspetto salutista». Vada per la rinuncia a carne e pesce, ma a uova e latticini e miele: è tosta. «Se è per questo anche a lana e pelle, a certi detergenti e a qualsiasi derivato di origine animale - continua Condoluci jr -. Arduo essere vegani oggi, è un modo di vivere consapevole che necessita di una soglia di attenzione molta alta». E di fiducia nella filiera: «Rientra nel capitolo consapevolezza». Costosa? «Sono scelte: noi abbiamo fatto la politica del pranzo da ufficio, anche solo 8 euro». Angelo Naj Oleari, altra colonna milanese del pensiero «veg», ideologo (proprietario) dell'Orto Botanico (centri di vendita e studi da 40 anni) non ha dubbi sul fatto che il palato non ci perda. La sua storia comincia dalle ricerche sulle piante, si fonda sul credo che i frutti siano il regalo che la natura rinnova quotidianamente all'uomo e arriva a spingersi oltre, al crudismo e alle coltivazioni selvatiche: «Recentemente il New York Times ha pubblicato un'inchiesta condotta in sei anni, la conclusione: i raccolti selvatici sono cento volte più energetici». Questo renderebbe i «veg» un po' più allegri? Perché un luogo comune li dipinge tristanzuoli e smunti: «Ma quello è retaggio dell'epoca macrobiotica: date un piatto di vegetali crudi a un giocatore di rugby e vedrete cosa combina, altro che bistecca». 28 agosto 2013 | 15:45