REFERENDUM del 4 DICEMBRE 2016
Il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 c'è stato per confermare o
respingere la cosiddetta riforma Renzi-Boschi, contenuta nella legge costituzionale approvata dal Parlamento il 12 aprile 2016 scorso, recante disposizioni
per:
·
la riduzione del numero
dei parlamentari,
·
il contenimento dei costi
di funzionamento delle istituzioni,
§
Il Cnel (Consiglio nazionale dell’Economia e del lavoro) nasce come organo consultivo del Governo, delle Camere e delle Regioni e
rappresenta un luogo di mediazione dove gli interessi dei lavoratori si
confrontano con quelli delle imprese. Le
funzioni del Cnel sono essenzialmente due:
·
esprimere pareri;
·
promuovere iniziative
legislative in
materia economico-sociale, come ad esempio per le leggi tributarie e di
bilancio e per quelle costituzionali.
· la revisione del titolo V
della parte II della Costituzione che riconosce le autonomie locali (I Comuni, le Città
metropolitane, le Province e le Regioni) quali enti esponenziali preesistenti
alla formazione della Repubblica.
Se la riforma Bassanini del 2001 aveva portato, in risposta a
rivendicazioni di un decentramento
legislativo più marcato e per arginare minacce secessioniste, ad uno
sbilanciamento del potere legislativo fra Stato e Regioni a favore di queste
ultime, la riforma Renzi-Boschi del 2016 vorrebbe correggere gli eccessi generati dalla precedente riforma, restituendo allo
Stato la competenza ad adottare disposizioni sulle principali materie di
interesse nazionale (salute, istruzione, infrastrutture, turismo, energia,
ecc.).
La proposta di riforma Renzi-Boschi
è stata approvata lo scorso aprile con una maggioranza inferiore ai due terzi dei
componenti di ciascuna camera: di conseguenza, come prescritto dall'articolo
138 della Costituzione, il
provvedimento non è stato direttamente promulgato per dare la possibilità di
richiedere un referendum confermativo.
Referendum costituzionale 2016: i pro e i contro
Tra i principali punti chiave del ddl Boschi troviamo una
consistente revisione dell’assetto parlamentare e amministrativo, del processo
legislativo e del rapporto tra lo Stato centrale e le Regioni.
Lo scontro tra il Sì e il No è
trasversale e coinvolge tutti gli schieramenti politici e ideologici. Ovviamente
il leader naturale del partito del Sì
è Matteo Renzi, ma a predicare le ragioni della riforma costituzionale c’è
anche l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Contemporaneamente si sono delineati
anche i comitati del No,
presieduti da costituzionalisti ed esponenti delle opposizioni, i quali hanno
definito la riforma costituzionale, votata dalla maggioranza, “l’anticamera di
uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta
di nuovo autoritarismo”.
Per i sostenitori del Sì, la riforma Boschi rappresenta un salto di qualità per il sistema politico italiano e per il suo farraginoso processo legislativo,
garantendo maggiore stabilità a un Paese che ha visto 63 governi susseguirsi
negli ultimi 70 anni. Quindi:
- addio al bicameralismo: si
supererebbe il famoso ping-pong tra Camera e Senato, con
notevoli benefici in termini di tempo;
- il fatto che solo la Camera sia
chiamata a votare la fiducia al governo implica l’instaurazione di un
rapporto di fiducia esclusivo con quest’ala del Parlamento;
- la diminuzione del numero
dei parlamentari e l’abolizione del Cnel produrrà notevoli risparmi;
- il Senato farà da “camera di
compensazione” tra governo centrale e poteri locali, quindi diminuiranno i
casi di contenzioso tra Stato e Regioni davanti alla Corte costituzionale.
I motivi per cui gli italiani si
oppongono all’approvazione del ddl Boschi-Renzi si
possono riassumere nei seguenti punti:
- si tratta di una riforma
non legittima perché prodotta da un Parlamento eletto con una
legge elettorale (Porcellum) dichiarata incostituzionale;
- Anche gli amministratori local,
chiamati a comporre il nuovo Senato (il
Senato delle Autonomie), godrebbero dell’immunità parlamentare;
- anziché superare il
bicameralismo paritario, la riforma lo rende più confuso, creando conflitti
di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato;
- la riforma non semplifica il
processo di produzione delle leggi, ma lo complica: le norme che regolano
il nuovo Senato, infatti, produrrebbero almeno 7 procedimenti
legislativi differenti;
- i costi della
politica non vengono dimezzati: con la riforma si andrà a risparmiare solo
il 20%;
- l’ampliamento della
partecipazione diretta dei cittadini comporterà l’obbligo di
raggiungimento di 150mila firme (attualmente ne servono
50mila) per i disegni di legge di iniziativa popolare;
- si accentra il potere nella
mani del governo, di un solo partito e di un solo leader.
Riflessioni Post-
Referendum.
I cittadini tutti mandano a casa il
governo dei banchieri, il jobs act, la buona scuola e i voucher. I lavoratori
della scuola bocciano il governo che ha imposto loro la legge 107, l’alternanza
scuola-lavoro, gli ambiti territoriali, il bonus di valutazione, la chiamata
diretta dei presidi e la mobilità coatta.
Secondo i sindacati, i cittadini con un NO netto e chiaro sono intervenuti a difesa dei diritti politici e sociali sanciti dalla Costituzione antifascista.
Secondo i sindacati, i cittadini con un NO netto e chiaro sono intervenuti a difesa dei diritti politici e sociali sanciti dalla Costituzione antifascista.
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